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Scavi Archeologici di Pompei

La città di Pompei venne distrutta dall'eruzione del vulcano Vesuvio nel 79 d.C., che la coprì completamente di fango e cenere; da quel giorno la città cessò di esistere.
Alla fine del XVI secolo, l'architetto Domenico Fontana, durante la costruzione di un canale, trovò epigrafi ed edifici affrescati, ma gli scavi veri e propri ebbero inizio nel 1748 su commissione del re Carlo di Borbone.
Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, Pompei venne riportata alla luce anche grazie al lavoro di Giuseppe Fiorelli che nel 1860, appostò agli scavi un metodo scientifico, fino allora mai impiegato.
A Fiorelli si devono i calchi delle vittime della tragedia, ottenuti colando del gesso liquido nel vuoto lasciato dai corpi, e oggi conservati nell'Antiquarium di Pompei.

Gli edifici visitabili nell’area archeologica di Pompei sono:
la Porta Marina che introduce agli scavi, venne edificata in opus incertum con due passaggi a volta, di cui uno riservato ai pedoni, mentre l’altro attraversato da coloro che andavano a cavallo;
la Villa Imperiale presenta un portico, seguito da triclinio impreziosito da tre pannelli pittorici raffiguranti Teseo che sconfigge il Minotauro, Arianna abbandonata da Teseo, e Dedalo ed Icaro;
l'Antiquarium fondato nel 1861 e distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, deve la sua attuale conformazione strutturale ai lavori di ricostruzione eseguiti nel 1948.
L’ingresso accoglie una serie di sculture provenienti da edifici pompeiani, e pitture parietali.
Nella prima sala è esposto il materiale dalla necropoli dell'età del Ferro rinvenuto nella Valle del Sarno, come terrecotte architettoniche templari, e ceramiche.
Segue la seconda sala occupata da un frontone in tufo proveniente da un tempio prostilo, nella cui parte centrale è raffigurato un tirso (bastone) decorato da bende, affiancato sulla sinistra dal personaggio Dioniso, mentre alla destra è raffigurata Libera; in un angolo del frontone spicca anche la figura di Erote che sostiene un flabello ed un'oca.
Nella zona antistante il frontone si trova un’ara di tufo, mentre ai lati sostano dei capitelli collocabili tra il III e il II secolo a.C. .
Da ammirare inoltre i ritratti di Marcello, nipote di Augusto, e di Vesonius Primis, e Gaio Cornelio Rufo.
L’Antiquarium comprende anche una terza e quarta sala, di cui la prima espone i suppellettili domestici rinvenuti nelle abitazione pompeiane durante gli scavi, mentre la seconda mostra ai visitatori una ricostruzione della vita commerciale ed economica di Pompei;
il Foro, centro politico, religioso ed economico di Pompei, era delimitata per tre lati da un porticato a doppio ordine, mentre il lato nord era chiuso dal Tempio di Giove e da due archi.
Inoltre per vietare ai veicoli di accedere al Foro, il portico venne costruito ad un livello più alto della piazza;
la Basilica affacciata sul Foro, anticamente era il luogo d'incontro, di discussione degli affari, nonché l’edificio dove veniva amministrata la giustizia.
La struttura a pianta rettangolare, presenta internamente tre navate, coperte da un doppio spiovente.
Alla Basilica si accedeva dall’ingresso sito su uno dei lati minori, mentre sul lato opposto si trovava la tribuna con i seggi dei giudici;
il Tempio di Apollo affacciato sul Foro, Tempio di Apollo, rappresentava anticamente l'edificio religioso più importante della città.
Eretto nel VI secolo a.C. e ristrutturato nel II secolo a.C., il tempio era delimitato tutt’intorno da colonne in tufo con capitelli ionici, poi trasformati in corinzi e dipinti in giallo, rosso e blu.
L’architrave dorico a metope e triglifi sovrastante le colonne venne trasformato in un fregio continuo con grifi, festoni e foglie.
Le statue raffiguranti divinità rinvenute sulle colonne del portico sono conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e al loro posto sono state collocate delle copie.
Al tempio si accedeva mediate una gradinata sulla quale è tuttora presente un’altare in marmo bianco, recante un'iscrizione in latino, e una colonna ionica.
Da ammirare anche la nicchia contenente la mensa ponderaria, vale a dire la tavola con le misure di capacità ufficiali utilizzate dal cittadino contro eventuali frodi da parte dei venditori;
il Tempio di Giove situato nella parte centrale del Foro, dopo l'80 a.C., venne dedicato anche a Giunone e Minerva, rappresentando così il centro del culto della triade capitolina.
La struttura edificata su un podio quadrangolare, accoglie lungo la parte meridionale una doppia gradinata, nonché presenta sei colonne sula parte frontale.
La cella del tempio è divisa in tre navate tramite colonnati a due ordini, e ospitava sul fondo una serie di statue raffiguranti divinità;
il Macellum presenta un cortile centrale, anticamente utilizzato per la pulitura del pesce.
Di fianco si erge il Tempio dei Lari Pubblici, ossia delle divinità tutelari della città, di cui si conserva semplicemente un'abside.
Segue il Tempio di Vespasiano, composto da un bel cortile, entro cui è stato riportato alla luce un altare marmoreo a rilievo raffigurante una scena di sacrificio ed altri soggetti;
l’Edificio di Eumachia che prende il nome dalla sacerdotessa che l'edificò, è dedicato alla Concordia e alla Pietas Augusta.
La facciata preceduta da un portico a doppio ordine di colonne di travertino decorate nella parte antistante da statue, accoglieva una porta rettangolare ornata da una fascia a fregio continuo con foglie d'acanto e spirali.
La struttura presentava nella parte centrale un cortile delimitato da un portico con colonne corinzie, e caratterizzato sul fondo da un abside lateralmente occupata da due colonne, e nella parte da un criptoportico;
il Lupanare anticamente era un bordello per prostitute/schiave, il cui ricavato andava nelle tasche o del padrone o del tenutario della struttura.
L’edificio presenta un piano terra destinato alla frequentazione di schiavi, composto da due ingressi, un corridoio e cinque stanze con letto chiuse da porte di legno, e decorate da quadretti dipinti, raffiguranti posizioni erotiche.
Una scala conduce al piano superiore dove si aprono una serie di stanze, un tempo riservate ad una clientela di rango più elevato;
la Via dell'Abbondanza deve il suo nome alla presenza di una fontana decorata da un busto raffigurante la Concordia Augusta, erroneamente interpretata come l'Abbondanza.
La strada è fiancheggiata da marciapiedi, ed edifici;
il Foro Triangolare è un'area sacra a pianta triangolare, delimitata da colonnato di novantacinque colonne doriche, e accessibile mediante un portico con colonne ioniche in tufo.
Da ammirare anche tre altari in tufo, dietro alle quali vi è una costruzione di forma rotonda con sette colonne doriche, al cui interno si trova un pozzo;
il Teatro Grande situato accanto al Foro Triangolare, e accessibile dal portico, venne edificato sfruttando il pendio naturale della collina.
La cavea era divisa in tre ordini di gradinate marmoree, mentre la scena era formata da tre porte, e decorata da nicchie ed edicole.
Il teatro si componeva anche di un quadriportico, frequentato dagli spettatori prima dell’inizio degli spettacoli;
l’Odeion situato accanto al Teatro Grande, era anticamente un teatro di piccole dimensioni utilizzato per le audizioni musicali;
la Palestra Sannitica ubicata alle spalle della cavea del Teatro Grande, si compone di un porticato dorico dove è stata riportata alla luce una copia del Doriforo di Policleto;
il Tempio di Iside in ottimo stato di conservazione, è decorato da stucchi, statue e dipinti;
il Tempio di Giove Melichio delimitato da un recinto sacro, e preceduto da un cortile entro cui si trova un altare in tufo nocerino collocabile tra il III e il II secolo a. C. ;
le Terme Stabiane risalenti al IV secolo a.C., presentano su tre lati un cortile porticato, e si compone al suo interno di una sezione maschile e di una sezione femminile.
Da ammirare il sistema di riscaldamento situato nel tepidarium maschile, che premetteva all’aria calda di circolare sotto il pavimento, rialzato da piastrini, nonché nelle intercapedini delle pareti.
Entrambe le sezioni sono servite di uno spogliatoio, del frigidarium, del tepidarium, e del calidarium;
la Casa di Marco Lucrezio composta da un giardino decorato da una fontana impreziosita da sculture.
Le pareti interne dell’edificio sono ornate da pitture, alcune delle quali sono custodite presso il Museo Nazionale di Napoli;
le Terme Centrali riservate agli uomini, sono prive del frigidarium, ma presentano il laconicum, ossia l'ambiente destinato alla sauna, affiancato dalla palestra;
la Casa del Fauno edificata sul finire del II secolo a.C., presenta anteriormente due atri, di cui quello  tuscanico, vale a dire privo di colonne, aveva l'impluvium decorato dalla statua di fauno danzante.
Segue il tablino affiancato da due stanze triclinari decorate rispettivamente da quadri policromi a mosaico, raffiguranti animali marini e un demone su pantera.
Il secondo atrio è tetrastilo, ed è seguito da un peristilio con pareti decorate a stucco, e sul fondo un'esedra affiancata da due stanze;
il Tempio della Fortuna Augusta eretto su un podio, era preceduto da una gradinata con platea.
La cella, anticipata da un pronao con quattro colonne, accoglieva sul fondo un'edicola sovrastata dalla statua della Fortuna;
le Terme del Foro si compongono di una sezione maschile e una sezione femminile, di cui la prima è preceduta da uno spogliatoio (apodyterium) che conduce nel frigidarium, e nel tepidarium, dove si può ammirare il braciere utilizzato per riscaldare l'ambiente.
Segue il calidarium dotato di due vasche per i bagni caldi, ed un labrum, con acqua fredda;
la Casa del Poeta Tragico così chiamato per il ritrovamento al suo interno di un emblema musivo raffigurante una prova teatrale, ora conservato al Museo Nazionale di Napoli.
Da ammirare sul pavimento del corridoio che conduce all'atrio, un quadro con un cane alla catena e la scritta attenti al cane;
la Casa di Pansa risalente all'epoca sannitica, si compone di un peristilio con colonne e capitelli ionici, al centro del quale è collocata una vasca;
la Via dei Sepolcri è una delle necropoli pompeiane composta da tombe disposte lateralmente alla  strada;
la Villa di Diomede si compone di un peristilio situato all’ingresso, e nella zona dalla forma triangolare compresa tra il peristilio e la strada si trova un bagno signorile.
Da ammirare anche il giardino delimitato da un porticato;
la Villa dei Misteri di origini romane, deve il suo nome al ritrovamento all'interno di una sua stanza di una serie di affreschi molto raffinati, raffiguranti scene dell'iniziazione di una donna ad un culto dionisiaco.
La donna, protagonista degli affreschi, è intenta ad ascoltare un bambino, che legge il rituale dionisiaco, al suo fianco c'è un gruppo di sacerdotesse, e più avanti due satiri, di cui uno suona la cetra, mentre l'altro si diletta con il flauto di pan; la parete in fondo accoglie la raffigurazione di Dioniso tra le braccia di Arianna, mentre sulla parete di destra, dopo la raffigurazione della flagellazione di una ragazza, c'è la rappresentazione di un rito di purificazione.
All’interno della villa è stata riportata alla luce anche una pressa per il vino, oltre ad un certo numero di corpi;
la Casa di Castore e Polluce composta da un atrio a colonne corinzie, e un tablino decorato da pitture;
la Casa dei Vettii nota per i suoi fantastici dipinti che decorano le sue pareti.
L’edificio è diviso in due zone, vale a dire l'abitazione signorile con le stanze di rappresentanza, che si sviluppa intorno all'atrio tuscanico, seguita dalle stanze di servizio utilizzate dai servi, e aperte intorno ad un atrio secondario, deve era ospitato anche un larario decorato sul fondo da un dipinto raffigurante il pater familias tra due Lari;
la Casa degli Amorini Dorati accoglie un ingresso, fiancheggiato da due cubicoli, che conduce nell'atrio e in un peristilio con porticato rialzato, sul quale si affaccia un salone pavimentato a mosaico, e le pareti decorate da dipinti raffiguranti Teti nell'officina di Vulcano, Giasone e Pelia, Achille, Briseide e Patroclo.
La casa prende il nome dal ritrovamento al suo interno di dischetti di vetro con l'applicazione di amorini in lamina d'oro;
la Casa delle Nozze d'Argento così chiamata perché riportata alla luce nel 1893, anno in cui ricorrevano le nozze d'argento dei Reali d'Italia, è composta da un atrio con quattro colonne in tufo nocerino sormontate da capitelli corinzi, che sostengono il tetto.
L’abitazione anticamente era dotata anche di un bagno con tepidarium e calidarium, nonché una vasca per bagno freddo;
la Casa di Lucio Cecilio Giocondo è nota per il ritrovamento al suo interno di un archivio di cassa appartenente al proprietario, formato da centocinquantaquattro tavolette cerate, e da un ritratto di Lucio Cornelio;
la Casa del Menandro così chiamata per la presenza al suo interno di una pittura raffigurante il l’omonimo poeta, si compone di un atrio con larario a tempietto, decorato da dipinti raffiguranti tre scene: la morte di Laocoonte e dei suoi due figli, l' incontro di Elena e Menelao nella reggia di Priamo, e infine l'ingresso del Cavallo a Troia.
Al tablino si giunge grazie alla presenza di un passaggio fiancheggiato da colonne in tufo, affiancato sul lato destro dal Salone Verde, le cui pareti sono ornate da pitture, e il pavimento accoglie un mosaico bianconero.
Interessante è stato il ritrovamento in un ambiente di servizio sottostante il bagno, di circa centodiciotto pezzi d'argenteria, monete, e gioielli d'oro.
Da ammirare il peristilio con colonne stuccate, che introduce al triclinio, e ad alcune stanze;
il Thermopolium di Asellina è un locale anticamente utilizzato per la distribuzione di bevande, al cui interno ancora oggi tutto è rimasto al suo posto;
la Casa di Ottavio Quartione presenta in facciata due osterie, e un portale d'ingresso che immette nell’atrio rettangolare, al centro del quale si trova l'impluvium.
Sui fondo dell'atrio si trova un peristilio seguito da una loggia con porticato affacciata su un giardino decorato da statuette.
Da ammirare il biclinio per i pranzi all'aperto, impreziosito da una fontana ad edicola decorata da due dipinti;
la Villa di Giulia Felice spogliata delle sue opere d’arte durante gli scavi condotti tra il 1755 e il 1757, si compone di un giardino porticato attraversato da una peschiera, e occupato sul lato occidentale da un triclinio estivo impreziosito da una volta che sembra quasi imitare una grotta naturale;
l’Anfiteatro costruito intorno all'80 a.C. su commissione di C. Quinzio Valgo e M. Porcio, si differenziava dagli altri teatri in quanto privo di sotterranei sotto al piano dell'arena.
La cavea risulta divisa in tre ordini di gradinate, l'ultimo dei quali era riservato alle donne.
Da ammirare i fori utilizzati per sostenere il telone che veniva steso per proteggere gli spettatori dal sole e dalla pioggia;
la Palestra Grande risalente la periodo imperiale, venne edificata su un’area rettangolare delimitata da un muro, al centro della quale venne collocata una piscina col fondo in pendenza, per consentire ai nuotatori di raggiungere diverse altezze.