Chiesa Madre di Gela
La chiesa madre di Gela dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo e situata nella centralissima piazza Umberto I, fu edificata tra il 1766 e il 1794 sulle fondamenta dell’antica chiesa della Madonna della Platea risalente alla prima metà del XIII secolo, a sua volta eretta sui sito dove si ergeva un antico tempio greco di cui sono stati riportati alla luce diversi ruderi.
Nel corso dei lavori di realizzazione dell’edificio sacro commissionati dall’Arcidiacono Salvatore Ridacchi furono costruite al di sotto del pavimento delle cripte, dove seppellirvi i corpi delle persone che in vita appartenevano a famiglie nobili o ad ordini religiosi, mentre tutt’intorno si procedette alla costruzione di un’area cimiteriale dove seppellirvi la gente comune.
Nel 1779 all’arcivescovo Ridacchi successe l’arcidiacono Antonio Iacoponelli Navarra, a sua volta sostituito dall’arcidiacono Giovanni Mallia al quale si deve la costruzione dell’abside e della cupola, nonché la decorazione degli interno con stucchi, e dipinti, tra cui citiamo il dipinto raffigurante l’Assunta situato sull’altare maggiore.
Nonostante i lavori non fossero ancora stati portati a termine, nel 1794 la chiesa fu aperta al culto, e per vederla ultimata fu necessario attendere il XIX secolo.
Nel 1817 l’arcidiacono Luigi Mallia commissionò i lavori di costruzione di un nuovo campanile ad opera dell’architetto Emanuele Di Bartolo, terminati nel 1837 con un risultato straordinario, nonché di una nuova facciata ad opera di Giuseppe Di Bartolo Morselli.
La facciata in stile neoclassico presenta una composizione architettonica articolata in doppio ordine sovrapposto sporgente al centro con colonne aggettanti, di cui quelle alla base sono di ordine dorico, mentre quelle nella parte superiore sono ioniche
Alla sommità del prospetto fa bella mostra di sé il frontone decorato da acroteri, e da una placca litica ovoidale entro cui spicca un bassorilievo raffigurante lo stemma mariano; il tutto sovrastato da una croce.
Tra i particolari che ingentiliscono la facciata citiamo le due nicchie del piano superiore entro cui sono custoditi due vasi, e i tre portali di ingresso alle altrettante navate interne.
Al 1861 risale la sostituzione dell’antico pavimento di mattoni di terracotta smaltati con lastre di marmo, per volere del nuovo parroco della chiesa Madre, mentre al 1925 si procedette alla costruzione della casa parrocchiale accanto all’edificio sacro, e nel 1930 la trasformazione della piazzetta a nord dello stesso in un giardinetto; lavori realizzati su commissione dell’arcidiacono Francesco Capici.
Tra il 1934 e il 1936 si svolsero i lavori di decorazione della cupola, e i restauri di alcuni stucchi delle navate con applicazioni in oro zecchino, ad opera di Matteo Peritore.
La chiesa Madre di Gela ha internamente un impianto a croce latina con schema basilicale, diviso in tre navate, separate da due ordini di cinque campate ciascuno, uno su ciascun lato, sorrette da paraste scanalate con capitelli.
Oltrepassato l’ingresso si osservino lungo la pavimentazione due composizioni decorative di marmo di cui una situata all’ingresso raffigura la potenza della trinità di Dio, mentre l’altra di forma ottagonale sorge nel punto che precede i gradini che conducono all’altare maggiore è dedicato alla Vergine Maria Incoronata.
Seguono due gradini che conducono alla cappella Maggiore dedicata all’Assunta, lateralmente affiancata dagli stalli settecenteschi in legno scolpito, nel cui nucleo centrale si erge l’altare maggiore, mentre al di sopra del ciborio fa bella mostra di sé la tela dell’Assunta, realizzata nel 1788 da G. Tresca, contraddistinta dalla rappresentazione di due scene religiose, di cui quella superiore è il Trionfo della Madonna in Cielo, mentre quella inferiore raffigura la scena in cui gli apostoli rinvengo la tomba della Madonna, ma al posto del suo corpo trovano delle rose.
Lateralmente all’altare vi sono due porte, di cui una conduce ad un piccolo vano, mentre l’altra immette nella sacrestia.
Splendidi gli affreschi dei quattro pennacchi della cupola raffiguranti ciascuno un evangelista, opera dell’artista Michele Amico di Caltanissetta.
Il percorso di visita continua nella cappella laterale sinistra occupata dalla cappella della Passione con altare impreziosito da un’urna contenente la statua del Cristo Morto, e ciborio sovrastato dalla statua dell’Addolorata in legno, realizzata nella seconda metà degli anni Sessanta dall’artista Bartoli; seguono molte altre opere artistiche come il monumento funereo dedicato al cardinale Antonio Maria Panebianco; la pala della "Dormitio Virginis", e l’artistica urna in legno dorato dove nel giorno del Venerdì Santo viene collocata la statua del Cristo Morto per portarlo in processione.
Peculiari anche le opere custodite lungo la navata laterale destra comprendente la cappella della Madonna Maria Santissima d’Alemanna, con archivolto esterno decorato dallo stemma baronale dell’antica famiglia dei Mallia.
Segue il monumento funebre del parroco Iacoponelli Navarra, in marmo policromo con intarsi, caratterizzato da tre sezioni comprendenti rispettivamente lo stemma nobiliare della famiglia del defunto, un mezzobusto in bassorilievo del parroco stesso, e in ultimo una lapide con dedica in latino.
Dopo la lapide si erge l’altare del Cuore di Gesù, seguito da un secondo monumento funebre in marmo dedicato al barone Alessandro Mallia con lapide decorata da una scritta in latino.
Sul fondo della navata sono ospitate due pale raffiguranti rispettivamente il Battesimo del ministro della regina Cantace conferito da S. Filippo diacono, e San Francesco Saverio apostolo missionario che battezza gli indigeni, opera quest’ultima di G. Tresca.