Il territorio di Fonni fu abitato sin dai tempi del Neolitico, come testimoniano le numerose opere archeologiche riportate alla luce nel corso delle numerose campagne di scavo, e collocabili cronologicamente nel periodo che va dal 2000-1800 a.C. al 238 a. C. .
Dell’età nuragica si conservano quarantacinque nuraghi, diciotto villaggi con oltre mille capanne; venticinque tombe dei giganti, cinquantacinque Domus de Janas, e sei dolmen, oltre a numerosi strumenti litici e frammenti di stoviglie.
I nuraghi disposti sulle alture, rappresentarono per la civiltà antica un utile sistema difensivo contro le popolazioni ostili, mentre oggi giorno, raccontano di un glorioso ed affascinante passato conservato nei millenni, grazie alla cura dell’uomo.
Tra le opere archeologiche citiamo: il nuraghe Dronnoro sviluppato su un impianto del tipo a corridoio con copertura a “tholos”; il nuraghe Nostra Signora del Monte; il nuraghe Logomake; i nuraghi Massiloi, Mastala, Maria; i nuraghi Orrui, Talesso, Sa Viuda; la necropoli di Madau; l’area archeologica di Gremanu; e le tombe dei giganti di Bidistile.
Lungo il versante Nord-Est del Gennargentu, nei pressi del passo di Caravai, si sviluppa l’incantevole area archeologica di Gremanu, immersa in un fitto bosco di rovere, attraversato dalle acque dell’omonimo rio, riportata alla luce durante una serie di campagne di scavo condotte tra il 1989 e la fine degli anni Novanta, a cura dell’archeologa Maria Ausilia Fadda.
La necropoli distante 10 km. dal centro abitato di Fonni, si articola a monte, in una serie di fonti e pozzi per la raccolta delle acque a valle racchiuse da un paramento murario semicircolare, e a valle in una serie di templi e tombe di giganti.
Dell’impianto idrico si conserva una fonte in opera isodoma, un tempo impiegata per convogliare, mediante una canaletta, le acque verso il complesso templare edificato a valle; una vasca rettangolare realizzata con blocchi in basalto disposti a “T” collegati da grappe in piombo e in legno con fondo rivestito da lastre di trachite e di tufo, quasi certamente usata per i rituali purificativi; un pozzo ubicato all'interno di un ambiente circolare con copertura a "tholos", dove sono stati riportati alla luce spilloni e pugnali bronzei, collane e contenitori fittili per attingere l'acqua.
Spostandoci a valle si notino i resti degli edifici di culto, tra i quali è degno di nota un nuraghe monotorre con ingresso architravato che conduce in una camera circolare pavimentata da lastre di scisto e granito, contraddistinta lungo il lato nord-ovest da una nicchia, mentre su quello Sud-Ovest da un sedile.
Da ammirare sul lato opposto all'ingresso, una parete realizzata con nove ortostati di granito a formare una sorta di zoccolo, oltre alla presenza di tracce di fuoco e scorie, che fanno ipotizzare all’utilizzo dello stesso, per l’esercizio di un’attività fusoria.
Al centro dell’ambiente antistante il nuraghe, si erge un paramento murario realizzato con l’impiego di blocchi in trachite e basalto disposti a filari, sulla cui sommità erano infisse delle spade votive in bronzo.
Da visitare anche il tempio "a megaron" sviluppato su un impianto rettangolare, con prospetto principale contraddistinto da un ingresso rettangolare che immette nel vestibolo, seguito da un corridoio che conduce in un ambiente rettangolare.
I tanti materiali rinvenuti durante le campagne di scavo collocano le origini dell’area archeologica al Bronzo medio e recente, ossia tra il XII e il IX secolo a.C. .
I numerosi dolmen, i menhir, e le Domus de Janas testimoniano la profonda religiosità delle popolazioni che già nel III millennio abitavano le aspre regioni del Gennargentu, in particolare nelle zone di Santu Micheli-Urrui e di Tramassunele.
Il popolamento del territorio di Fonni in età romana è testimoniato dalle rovine di Sorabile, un’antica stazione per il cambio dei cavalli che serviva la strada che collegava Olbia a Cagliari.
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